Arriviamo a Walia

……e siamo accolte da spari di fucile e danze: ragazzi mascherati ballano in nostro onore sulla piazza del villaggio. Siamo molto emozionate.

Alloggeremo in un’abitazione costruita per noi: un locale con porta intagliata e tettoia di rami e paglia. Siamo fornite anche di arredo: letti, tavolo e sedie in giunco e materassini nuovi.

Per me e Chiara è la prima volta a Walia, anche se basta davvero poco per sentirci a casa.

La falesia mi colpisce subito: incombe su Walia ed allo stesso tempo sembra proteggere questo villaggio come gli altri che si stendono ai suoi piedi.

E’ una presenza importante, è la prima cosa che vedi la mattina e l’ultima prima del buio. Cambia colore a seconda dell’intensità della luce, magnifica al tramonto.

Mi soffermo spesso ad osservarla pensando a quanta vita ha ospitato e tuttora ospita: fino a mille anni fa i Tellem, ora i Dogon.

Il villaggio di Walia era addossato alla falesia fino ad una ventina di anni fa: sono rimaste le vecchie abitazione, le scale caratteristiche, i luoghi di sepoltura, tutta la loro vita è ancora testimoniata, quasi intatta.

Ora il villaggio è in pianura, le case sono simili a quelle di allora: fatte di fango, tetti piatti, vicine una all’altra, ma non da sembrare ammassate. Sono visibili cortiletti, quasi piazzette in mezzo a gruppi di case.

Nella piazza principale c’è il togunà, luogo in cui gli uomini del villaggio si riuniscono per discutere e prendere decisioni. Mi colpisce pensare che sotto il togunà si può solo stare seduti, non c’è spazio per stare eretti e litigare, accapigliarsi o altro, si tengono, simbolicamente a bada i conflitti.

La vegetazione a Walia è poco rigogliosa in particolare in questo periodo dell’anno ed il colore dominante è quello della sabbia, dal grigio al giallo.

Ci sono giorni in cui soffia l’harmattan e pare di essere immersi nella nebbia, si fatica a respirare, la sabbia attraversa i vestiti ed i copricapo, te la senti ovunque.

Ci sono due pozzi, uno dei quali, il più igienico, in quanto coperto, ha la pompa rotta.

La gente del villaggio dice che la colpa è dei Peul, che lo usano per abbeverare gli animali. L’altro pozzo è a carrucola ed è appena fuori dal villaggio. Non è ad una grande distanza se misurata con gli occhi, ma è lunghissima da percorrere a piedi carichi di secchi d’acqua.

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                                                                                                                      Laura Magnani

 


 

 

La cartina

L'accoglienza dei bimbi

Lungo la Falesia

I danzatori con le maschere